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R.G. n. 7961/2014

Sentenza n. 2020/17

Pronunziata il 04/09/2017

Pubblicata il 18/09/2017

N. R.G. 7961/2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Laura Benini

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I° Grado iscritta al n. r.g. 7961/2014 promossa da:

X (C.F. ***), Y (C.F. ***), M. (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. BONORA IRENE, elettivamente domiciliati in PIAZZA ROOSEVELT N. 4 40123 BOLOGNA presso il difensore avv. BONORA IRENE

ATTORI

contro

LICEO SCIENTIFICO RAMBALDI - VALERIANI - ALESSANDRO DA IMOLA (C.F. ***), UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER L’EMILIA ROMAGNA (C.F. ***), MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. AVVOCATURA DELLO STATO elettivamente domiciliati in VIA GUIDO RENI 4 BOLOGNA presso l’AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI BOLOGNA

CONVENUTI

A. (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. BONORA IRENE, elettivamente domiciliata in VIA DON MINZONI 10 DOZZA presso il difensore avv. BONORA IRENE

INTERVENUTO

CONCLUSIONI

Gli attori hanno concluso come da atto introduttivo e da memoria ex art. 183, comma 6, n. 1) c.p.c., i convenuti come da foglio depositato telematicamente in data 15.02.2017, l’interveniente A. come da atto introduttivo e da memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato presso le rispettive sedi dei convenuti, X e Y, in proprio e quali genitori della minore A. , nonché M. , evocavano in giudizio il Liceo Scientfico Rambaldi-Valeriani – Alessandro da Imola, l’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna ed il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, affinché – previo accertamento e declaratoria del peggioramento dello stato di salute di A. per effetto dei comportamenti negligenti ed illegittimi tenuti nei confronti di A. dal suddetto Istituto Scolastico, da ella frequentato – i convenuti fossero condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni non patrimoniali patiti dalla figlia e dal di lei nucleo familiare (danni quantificabili in Euro 100.000,00 quanto alla minorenne e da liquidarsi in via equitativa quanto ai restanti componenti della famiglia) in conseguenza delle predette condotte.

Esponevano in fatto gli attori:

- che, nel corso dell’anno scolastico 2011-2012, A. era stata iscritta alla classe 1°D del Liceo Scientifico Statale Rambaldi-Valeriani di Imola;

- che, fin dall’inizio dell’anno scolastico, i genitori avevano informato l’allora coordinatrice di classe, delegata dal Dirigente Scolastico, del fatto che la ragazza era stata riconosciuta come invalida civile ai sensi della Legge 104/1992 perché affetta da diabete mellito di tipo 1, ma che, nonostante ciò, la patologia, peraltro documentata da certificazione medica inviata alla scuola dalla competente AUSL, non era stata tenuta in debito conto dai docenti;

- che, quindi, sebbene la patologia comportasse difficoltà nell’apprendimento da parte dell’alunna, gli insegnanti, da un lato, non avevano approntato percorsi didattici personalizzati alle esigenze di cui la ragazza era portatrice (in particolare, avrebbero dovuto privilegiare le interrogazioni orali, in luogo delle prove scritte), e, dall’altro lato, non avevano attivato - ad eccezione di due sole materie - adeguati corsi di recupero che le consentissero di proseguire con profitto il percorso scolastico (l’attivazione dei corsi era stata, in alcuni casi, del tutto omessa ed, in altri casi, era stata prevista in modo non specifico, perché rivolta congiuntamente agli studenti del primo e del secondo anno, senza cioè prevedere esercizi differenziati a seconda delle carenze formative di ognuno di essi);

- che, all’esito delle prove svoltesi nel settembre 2012, A. non aveva recuperato i debiti formativi maturati in matematica, fisica ed inglese, sicché non era stata ammessa alla classe superiore.

Deducevano che il comportamento - a tratti irridente - di alcuni insegnanti, nonché la colpevole sottovalutazione, da parte dell’intero corpo docenti, delle ricadute della malattia sul rendimento scolastico della minore, aveva aggravato il quadro clinico di partenza della giovane, determinando il suddetto insuccesso scolastico e, altresì, la conseguente insorgenza nella ragazza di un disturbo psichico di natura fobico ansiosa.

Formulavano plurime censure avverso l’atteggiamento tenuto dall’Istituto scolastico.

Lamentavano, in primis, la mancata e/o erronea applicazione dell’art. 2 dell’Ordinanza ministeriale n. 92/2007 per non avere il Liceo Scientifico Rambaldi-Valeriani programmato, durante l’anno scolastico, attività di sostegno a beneficio degli studenti con debiti formativi (tra cui anche A., la quale si è perciò dovuta rivolgere ad insegnanti privati) ed, in particolare, corsi di recupero nella materia di Lingua e cultura inglese; l’Istituto scolastico, inoltre, aveva organizzato corsi di recupero per le materie con giudizio sospeso a giugno 2012 soltanto nelle discipline di matematica e inglese, facendo peraltro partecipare alle lezioni alunni appartenenti a classi diverse e con preparazioni differenti.

Censuravano, altresì, le modalità di svolgimento dei corsi di recupero effettuati, posto che erano stata omesse sia l’indicazione degli obiettivi dell’azione di recupero sia la predisposizione di prospetti specifici a seconda dei vari studenti (i compiti vertevano anche su argomenti estranei ai debiti formativi di A.), con conseguente inosservanza dell’art. 3 dell’Ordinanza ministeriale n. 92/2007.

L’Istituto convenuto, inoltre, era incorso nella violazione degli artt. 4 e 5 dell’Ordinanza ministeriale n. 92/2007 per non avere il Consiglio di classe predisposto - ad eccezione delle discipline di matematica e latino - interventi di recupero nel corso dell’anno scolastico e per non avere comunicato gli esiti delle prove di verifica alla famiglia di A..

Rilevavano, poi, che l’insegnante di inglese titolare della classe frequentata da A. (sostituito, in quel frangente, da altro docente) non era stato presente durante lo scrutinio di giugno, mentre aveva partecipato a quelli di settembre, e ciò in spregio al disposto di cui all’art. 8 dell’Ordinanza ministeriale n. 92/2007, norma che impone l’assoluta identità di composizione del Consiglio di classe nei due scrutini.

Assumevano, da ultimo, che la decisione di non promuovere A. alla classe seconda era viziata da eccesso di potere per illogicità e travisamento, poiché il giudizio finale, espresso nel mese di settembre, avrebbe disatteso il criterio dettato nell’allora vigente "Piano dell’offerta formativa", laddove era previsto che non vi dovesse essere un necessario legame tra il numero delle discipline insufficienti e la non promozione.

All’udienza del 16 settembre 2015, stante la nullità della notificazione dell’atto introduttivo (notificato in violazione del disposto di cui all’art. 144 c.p.c.), il Giudice Istruttore disponeva la rinnovazione della citazione, che era tempestivamente e ritualmente effettuata da parte attrice.

I convenuti si costituivano con unica comparsa di costituzione e risposta del 31 dicembre 2015, sollevando eccezione preliminare di inammissibilità della domanda per difetto di poteri rappresentativi in capo agli attori e per inefficacia del mandato alle liti, in ragione dell’intervenuta maggiore età di A. prima della rituale instaurazione della presente controversia (instaurazione avvenuta solo con la seconda notificazione dell’atto di citazione a seguito della rinnovazione disposta dal G.I.), per violazione del principio del ne bis in idem, posto che sulle stesse domande attoree si era formato un giudicato amministrativo tra le parti in causa, nonché per difetto di giurisdizione del giudice ordinario; in subordine, domandavano il rigetto nel merito delle domande avversarie, in quanto infondate in fatto e in diritto, non avendo, all’inizio dell’anno scolastico 2011-2012, la famiglia della ragazza consegnato all’Istituto scolastico tutte le certificazioni mediche richieste al fine di fruire della tutela apprestata dalla Legge 104, né avendo la stessa specificamente documentato – come fatto, invece, soltanto due anni dopo – che la patologia da cui era affetta la figlia necessitava di percorsi didattici personalizzati.

Dopodiché, le parti depositavano le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.

Con comparsa ex art. 105 c.p.c. del 6 giugno 2016, interveniva volontariamente A. , nel frattempo divenuta maggiorenne, ratificando ogni attività processuale compiuta dai genitori nel suo interesse e in suo nome e riportandosi, in modo interamente adesivo, al contenuto degli atti processuali, endoprocessuali e stragiudiziali da questi posti in essere fino al proprio intervento volontario in giudizio.

Con ordinanza riservata del 14 ottobre 2016, il giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, rigettava le istanze istruttorie dedotte dalle parti, rinviando a successiva udienza per la precisazione delle conclusioni.

All’udienza del 16 febbraio 2017, le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa era trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali e delle memorie di replica. In particolare, i convenuti insistevano nelle domande precedentemente svolte, chiedendo altresì accertarsi e dichiararsi l’inammissibilità dell’intervento in giudizio di A. perché compiuto non già da soggetto terzo, bensì da chi era il legittimato sostanziale della pretesa azionata dagli attori.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non può essere accolta l’eccezione preliminare di inammissibilità delle domande attoree per difetto dei poteri rappresentativi in capo agli attori.

Risulta, al riguardo, assorbente il rilievo che la pretesa risarcitoria azionata nel presente giudizio è stata formulata da X e da Y (oltre che dall’allora convivente M. ) non soltanto nella loro veste di esercenti la responsabilità genitoriale su A., ma, altresì, in proprio.

La volontà degli stessi di proporre la richiesta di risarcimento (anche) quali danneggiati in proprio è chiaramente evincibile tanto dall’intestazione dell’atto di citazione, quanto dalle conclusioni ivi rassegnate e ribadite nell’intero iter processuale. E ciò, ancorché nel corpo dell’atto medesimo non si rintraccino riferimenti ad altri pregiudizi se non a quello relativo alla ragazza; l’assenza di effettive allegazioni in fatto da parte di chi agisce in giudizio attiene, infatti, al profilo della fondatezza della domanda proposta dall’attore, senza tuttavia riflettersi sulla sua posizione processuale, che resta immutata pur a fronte di una richiesta concretamente sprovvista di sufficiente supporto allegatorio e probatorio per conseguire il diritto azionato.

Detta volontà, peraltro ratificata da A. - una volta divenuta maggiorenne - mediante l’atto di intervento ex art. 105 c.p.c., non può quindi essere considerata una mera enunciazione formale, insuscettibile di delineare il petitum e la causa petendi dell’azione promossa.

2. Analogamente, va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’intervento in giudizio di A. , ai sensi dell’art. 105 c.p.c., giacché – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dei convenuti – la procura alle liti rilasciata dall’interveniente risulta telematicamente depositata unitamente alla comparsa di intervento del 6 giugno 2016.

3. Non merita accoglimento neppure l’eccezione di giudicato sollevata dalla difesa di parte convenuta, posto che, sebbene la circostanza non sia stata contestata, non v’è certezza in ordine al passaggio in giudicato della sentenza del T.A.R. per l’Emilia-Romagna n. 1241/2014, non risultando l’irrevocabilità della stessa provata attraverso la produzione del provvedimento munito del relativo attestato di cancelleria (cfr. il costante orientamento espresso, sul punto, dalla giurisprudenza di legittimità: Cass., Sez. III, 09/03/2017, n. 6024; Cass., Sez. I, 19/09/2013, n. 21469; Cass., Sez. L, 08/05/2009, n. 10623; Cass., Sez. L, 02/04/2008, n. 8478).

4. È fondata, invece, l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in ordine alla domanda di risarcimento del danno proposta da parte attrice.

La pretesa risarcitoria azionata dagli attori nel presente giudizio riguarda l’asserito pregiudizio (di natura non patrimoniale) cagionato ad A. , oltre che ai componenti del suo nucleo familiare, dalla condotta illegittima posta in essere dall’Istituto scolastico frequentato dalla ragazza all’epoca dei fatti.

Parte attrice ha dedotto, sotto vari profili, l’illegittimità dei comportamenti assunti dai docenti e dal Dirigente scolastico di A. nel corso dell’anno scolastico 2011-2012, allorquando – secondo l’assunto attoreo – la patologia di cui la ragazza soffriva (e soffre tuttora) sarebbe stata colpevolmente sottovalutata in occasione della definizione del percorso didattico dell’alunna, della programmazione delle attività di recupero nonché nella valutazione degli esiti delle prove scritte di recupero dei debiti formativi, fino al punto da aver determinato il giudizio di mancata promozione della ragazza alla classe successiva. Tale insuccesso scolastico avrebbe provocato, in A., un danno psichico e, nei suoi familiari, un (non meglio precisato) danno non patrimoniale, pregiudizi il cui risarcimento, appunto, chiedono in questa sede.

A ben vedere, le censure mosse nei confronti del comportamento tenuto dal personale scolastico toccano aspetti distinti dell’attività amministrativa e, come tali, devono essere esaminati separatamente.

4.1. Vengono in rilievo, anzitutto, i comportamenti asseritamente assunti in violazione di legge (vizi sostanziatisi nell’inosservanza dei precetti normativi di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8 dell’Ordinanza ministeriale n. 92 del 2007) nonché quelli affetti da eccesso di potere sub specie di illogicità e travisamento.

In ordine a tali doglianze, peraltro già analogamente formulate con esito sfavorevole nel giudizio amministrativo precedentemente promosso (v. sentenza n. 1241/2014, T.A.R. per l’Emilia-Romagna, prodotta senza numerazione in uno alla comparsa di costituzione, nonché l’atto di "motivi aggiunti" introduttivo della correlata domanda di risarcimento, prodotto sub doc. 1, fasc. parti convenute), è sufficiente rilevare che esse, riguardando l’omessa o inadeguata predisposizione di attività di recupero nel corso dell’anno scolastico e al termine dello stesso oppure la bontà della valutazione finale di non ammissione alla classe successiva, si risolvono in pretese illegittimità attinenti al corretto esercizio della funzione ammnistrativa.

La pretesa attorea è eziologicamente riconducibile ad una attività avente natura squisitamente amministrativa, poiché involge valutazioni riguardanti la correttezza e la legittimità delle scelte didattico-organizzative effettuate dal Liceo convenuto: dunque, la responsabilità della P.A. discende non già da un mero comportamento materiale o da una mera inerzia, non legati in alcun modo, nemmeno mediato, all’esercizio del potere autoritativo spettante ai competenti organi scolastici (evenienza, quest’ultima, che sì avrebbe comportato la devoluzione della presente causa al giudice ordinario), bensì da comportamenti omissivi che all’esercizio di tale potere sono indubbiamente collegati.

A seguito dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 104 del 02.07.2010 (c.d. Codice del Processo Amministrativo), è stata consacrata, anche a livello legislativo, la concentrazione innanzi al G.A. delle diverse forme di tutela (anche risarcitoria) dell’interesse legittimo: di talché, le controversie, nelle quali è invocato un danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria, sono riservate al sindacato del giudice amministrativo (cfr. artt. 7, commi 1 e 4, e 30 c.p.a.).

Alla luce anche del dettato costituzionale (artt. 103 e 113 Cost.), salve le ipotesi di giurisdizione esclusiva, il criterio riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di azione risarcitoria risiede, in altri termini, nella natura della situazione giuridica soggettiva oggettivamente lesa nel caso concreto dai comportamenti posti in essere dalla pubblica amministrazione (c.d. criterio del petitum sostanziale): cosicché, la lesione di un interesse legittimo implica l’attrazione della controversia, anche risarcitoria, innanzi al giudice amministrativo, mentre la causa rientra tra quelle devolute alla cognizione al giudice ordinario se ad essere leso sia un diritto soggettivo. Le doglianze attoree si appuntano, in buona sostanza, su aspetti inerenti alla gestione e alle modalità di svolgimento dei corsi di recupero (omessi oppure approntati in maniera non corrispondente al dettato normativo), sulla diversa composizione del consiglio di classe durante gli scrutini di giugno e di settembre nonché sulla correttezza del giudizio finale espresso dalla scuola nei confronti della discente. In tutti questi casi, il diritto al risarcimento del danno (peraltro, si ribadisce, già azionato e affrontato in sede amministrativa) discende dalla lesione di un interesse legittimo, giacché ciò che è in contestazione è il corretto espletamento del potere amministrativo da parte delle autorità proposte a disciplinare tali dinamiche interne alla scuola, non già comportamenti non riconducibili, neppure mediatamente, all’esercizio dei pubblici poteri (c.d. meri comportamenti, i quali, viceversa, sono suscettibili di radicare la giurisdizione ordinaria). Pertanto, in ordine a simili conseguenze pregiudizievoli, il giudice ordinario è privo di competenza giurisdizionale.

4.2. Gli attori hanno poi dedotto, sotto altro punto di vista, che il danno patito da A. e da suoi familiari deriverebbe dalla mancata adozione, da parte dell’Istituto convenuto, di un Piano Didattico Personalizzato, finalizzato ad adeguare il percorso formativo (lezioni e prove di verifica) della ragazza in modo differenziato rispetto a quello degli altri studenti, strutturandolo, cioè, in base alle concrete esigenze connesse alla sua condizione di salute.

Quanto al comportamento omissivo in questione, si osserva quanto segue.

Gli attori si dolgono, in definitiva, del fatto che il Liceo Scientifico frequentato da A., benché tempestivamente informato circa la malattia della studentessa, non abbia adattato il piano formativo alle sue difficoltà di apprendimento di A.: le peculiarità del suo caso clinico avrebbero richiesto, insomma, interventi specifici e personalizzati, allo scopo di consentirle di raggiungere i medesimi obiettivi scolastici dei compagni. Le omissioni realizzate dall’Istituto scolastico avrebbero contribuito all’esito sfavorevole della valutazione finale nei confronti della studentessa, determinando il mancato accesso della giovane alla seconda classe ed, in ultima analisi, l’insorgenza del danno non patrimoniale oggetto della richiesta risarcitoria.

Va rilevato, in premessa, che, come si evince dal Piano Didattico Personalizzato approvato dall’Istituto soltanto a partire dall’anno scolastico 2013/2014 (cfr. doc. 22, fasc. parte attrice), ciò di cui si lamentano gli attori è, nella specie, l’omessa previsione di quelle "misure dispensative" (a seconda delle varie discipline: ad esempio, numero inferiore di esercizi rispetto a quelli assegnati alla classe, preferenza per le interrogazioni orali, esenzione dalle verifiche scritte) capaci di attenuare o eliminare le conseguenze negative che la patologia della giovane avrebbe potuto avere sul piano del suo rendimento scolastico.

Ebbene, si rileva che la presente controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., posto che all’amministrazione scolastica viene imputata non già la mancata attuazione del Piano Didattico Personalizzato, bensì, a monte, l’omessa adozione dello stesso.

Come recentemente chiarito dalla Suprema Corte a collegio allargato (cfr. SS.UU., 28/02/2017, n. 5060, pronunciatasi in merito ai criteri di riparto della giurisdizione nei casi di controversie concernenti la fattispecie affine in cui si discute dell’adozione del Piano Educativo Individualizzato e del mancato rispetto delle misure ivi previste), in tema di sostegno all'alunno in situazione di handicap, occorre distinguere tra la fase che precede l’approvazione del Piano in questione e quella che segue alla redazione dello stesso: mentre nella prima ipotesi "sussiste ancora, in capo all’amministrazione scolastica, il potere discrezionale, espressione dell’autonomia organizzativa e didattica, di individuazione della misura più adeguata al sostegno", sicché la giurisdizione è devoluta al giudice amministrativo in virtù dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., nella seconda ipotesi sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto, "in tal caso si è di fronte ad un diritto … già pienamente conformato, nella sua articolazione concreta, rispetto alle specifiche necessità dell'alunno disabile, e non vi è più spazio discrezionale, per la pubblica amministrazione-autorità, per diversamente modulare da un punto di vista quantitativo, e quindi per ridurre, gli interventi in favore della salvaguardia del diritto all'istruzione dello studente disabile".

In conformità all’insegnamento enunciato dalla pronuncia ora citata, la quale, peraltro, si pone sulla scia anche dei più recenti arresti tanto della giurisprudenza amministrativa (cfr. Ad. Plen. del Consiglio di Stato, 12/04/2016, n. 7) quanto della giurisprudenza di legittimità (cfr. SS.UU., 25/11/2014, n. 25011), va dunque rilevato che, riferendosi il comportamento dedotto dagli attori ad una fase che si pone "a monte" dell’adozione del Piano Didattico Personalizzato, alla cognizione del giudice amministrativo restano affidate non soltanto le controversie aventi ad oggetto afferenti alla fase che precede la formalizzazione di detto Piano, ma, altresì, quelle di risarcimento del danno conseguente a condotte collocate in tale fase, ai sensi dell’art. 30, commi 2 e 6, c.p.a.

Le deduzioni attoree non sono del resto volte a contestare condotte amministrative direttamente incidenti sul diritto alla salute, ma mirano, piuttosto, al conseguimento di un ristoro patrimoniale in relazione ai riflessi pregiudizievoli che le decisioni compiute dalle autorità scolastiche hanno provocato nella sfera giuridica dell’alunna.

Deve concludersi, pertanto, che – considerata anche sotto questo secondo angolo visuale – la domanda di risarcimento ricade nella giurisdizione del giudice amministrativo, imponendosi la conseguente declaratoria di carenza di giurisdizione in capo al giudice ordinario, ai sensi dell’art. 37 c.p.c.

5. L’accoglimento della suddetta eccezione di rito risulta assorbente rispetto a tutte le altre questioni ed esime dall’affrontare il merito delle domande attoree.

6. Le spese di lite vanno poste solidalmente a carico degli attori e dell’interveniente A. in ragione della loro soccombenza e – considerato il carattere non particolarmente complesso delle questioni trattate, l’assenza di istruttoria ed il deposito, da parte dei convenuti, di alcuni soltanto dei libelli difensivi (delle tre memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. risulta depositata solo la seconda memoria istruttoria, così come non è stata depositato scritto conclusionale di replica) – si liquidano come in dispositivo sulla base dei parametri minimi previsti dal D.M. 55/2014 per le controversie di valore compreso tra Euro 52.001 ed Euro 260.000, in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria/di trattazione e decisionale, oltre spese generali al 15% ed oneri accessori come per legge, non ravvisandosi gli estremi per aumentare il compenso ex art. 4, comma 2, D.M. 55/2014 attesa la sostanziale identità delle argomentazioni giuridiche e fattuali articolate dall’Avvocatura di Stato in difesa dei tre soggetti convenuti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, eccezione ed istanza disattesa e/o assorbita:

1) dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario;

2) rigetta le restanti eccezioni preliminari sollevate dai convenuti;

3) condanna gli attori e l’interveniente A. , in solido tra loro, a rifondere, in favore di parte convenuta, le spese di lite, liquidate nella somma complessiva di Euro 7.795,00 per tutti e tre i convenuti, oltre spese generali al 15% ed oneri accessori come per legge.

Bologna, 4 settembre 2017

Il Giudice

Maria Laura Benini

Motivazione redatta in collaborazione con il dott. Alessandro Rago, M.O.T. presso il Tribunale di Bologna

Pubblicazione il 18/09/2017

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